PROVINCIA DI AREZZO
ASSESSORATO LAVORO E FORMAZIONE PROFESSIONALE
Centro Tecnologico del Restauro
Comune di Anghiari
 
 
Restauro del portone del refettorio
dell’ex Convento della Croce di Anghiari
 
Corso di Formazione Professionale per l'aggiornamento di 100 ore per 10 allievi
Vista Anteriore prima del restauro
Vista Anteriore dopo il restauro
Vista Posteriore prima del restauro
Vista Posteriore dopo il restauro
Prefazione
 
 Il Centro Tecnologico del Restauro di Anghiari, nell’ambito delle proprie attività di valorizzazione del restauro di qualità del mobile antico, in collaborazione con l’Assessorato Lavoro e Formazione Professionale del Provincia di Arezzo, ha promosso e realizzato un corso di formazione professionale di 100 ore per 10 allievi selezionati tra gli operatori del settore e i neodiplomati dell’Istituto Statale d'Arte.
Nell’anno 1996, nel corso “Restauro di Qualità del Mobile Antico” promosso dalla nostra associazione è stato redatto, congiuntamente ai docenti che hanno tenuto le lezioni, un “Documento sul restauro del mobile antico” che definisse i criteri operativi da applicare al restauro.

Sicuramente questa prima fase teorica è riuscita a superare le necessità di teorizzare un restauro che sia coerente con i principi della “Carta del Restauro”, e prevede indicazioni da seguire per un corretto restauro di qualità.

Sono state definite regole che possano essere accettate della Soprintendenza dei Beni Culturali, e che nel contempo diano garanzie ai privati che vogliano avere un servizio qualitativamente garantito, che operatori comuni non possono fornire.

Nell’anno 1997 abbiamo richiesto e ottenuto un corso rivolto a mettere in pratica i “criteri” espressi in precedenza.

Questa seconda fase, come già accennato in precedenza, ha riguardato un corso di Formazione Professionale realizzato in collaborazione con la sede Formativa Provinciale di Arezzo finalizzato alla messa in pratica dei “criteri di restauro” da applicare per il recupero di una porta del 1600.

Nelle finalità formative del corso si sono volute approfondite le specifiche metodologie teoriche e pratiche da adottare per un corretto restauro di qualità, che riesca mediare le rigorose indicazioni dettate dalla Soprintendenza ai Beni Culturali con le richieste di mercato che invece regolano l’operato degli artigiani.

La scelta dell’oggetto da restaurare, il portone del refettorio dell’ex Convento della Croce di Anghiari, non è stata casuale; in diretto contatto con l’assessorato alla cultura, l’attenzione è stata rivolta alla ricerca di un oggetto che rappresentasse un pezzo significativo del patrimonio storicoartistico del comune di Anghiari e che nel contempo non fosse già stato destinato a un sicuro recupero. Una scelta quindi che, pur mantenendo in primo piano lo scopo principale del corso, cioè la formazione professionale dei 10 allievi, consentisse di recuperare alla comunità un oggetto di comprovata importanza, comunque destinato ad una definitiva degradazione.
Relazione Storico Stilistica
Porta a due battenti
Anghiari (Ar), via della Badia n°3.

Proveniente dal refettorio dell'ex convento della Croce di Anghiari.

Bartolomeo Corsi (doc. 1637 ~ 1644).

1642 (datata).

Legno di abete, noce massello e noce modanato.

225cm.x 61cm.x 8,5 cm.; specchio superiore 30 cm. x30,5cm.; specchio centrale 48 cm.x30,5 cm.; specchio inferiore 50 cm. x 30,5 cm.

A dì 28 ag(ost)o 1642 (sul verso,inciso sotto il  pannello centrale dell'anta destra).

Discreto.

Restaurata nel settembre~ottobre 1997 presso il Centro Tecnologico del Restauro di Anghiari.

 

La porta a due battenti ha una struttura in legno di abete e pannellatura in noce.
Le grandi imposte destinate ad essere inserite nell'archivolto di un portale presentano la parte superiore semicircolare. Ogni anta, suddivisa in comparti geometrici, crea quattro pannellature. Fatta eccezione per quella inferiore, ognuna di queste inquadra specchi definiti da cornici modanate. La parte superiore semicircolare simula una lunetta centinata mentre le altre due specchiature sono rettangolari.

Il verso della porta, sotto il pannello centrale dell'anta destra, reca l'iscrizione "A dì 28 ag(ost)o 1642", la data dell'esecuzione, mentre incollata dietro il  pannello corrispettivo dell'anta sinistra è stato trovato un frammento cartaceo, una stampa in latino che narra alcuni episodi della vita di S. Francesco.

La porta, con le staffe a femmina da inserire negli appositi cardini, non è fornita di meccanismi di chiusura. Ambedue le specchiature centrali mostrano un foro tondo al centro, evidente indizio della presenza precedentemente di pomelli in legno tornito.

La porta, che appartiene ad una delle tipologie più diffuse nell'Italia centrale a partire dai primi anni del Seicento, fa parte di quel genere di  arredo ligneo che quasi alla metà del XVII secolo, quando in altre regioni della penisola il barocco svolge già le sue inedite e ricche risorse ornamentali, è ancora legato a canoni e moduli tipicamente rinascimentali.

Secondo la più autentica impronta propria della produzione toscana, dalla struttura semplice ma d'impianto saldo, la porta si presenta come un organismo rigidamente definito, geometricamente scandito nelle sue linee essenziali dalle cornici modanate che decorano anche i pannelli nell'inquadrare le tre specchiature.

Sia per la  tipica struttura essenziale e solida che per l'armonia delle forme, l'equilibrio delle proporzioni e la misurata partizione decorativa, questo arredo ben si inserisce, infatti, nell'ambito di quella felice produzione del mobile toscano che affonda le sue radici nell'arte quattrocentesca. Del resto la predilezione per un'impostazione architettonica del mobile nel quale con le modanature si sottolineano gli elementi che lo compongono, pur aggiornandosi nel Seicento con cornici applicate o intagliate nel massello che si sbizzarriscono a creare specchi pentagonali o ottagonali, non viene subito abbandonata e il rigore stilistico quattrocentesco è conservato in questa regione  pur nel rispetto dell'evoluzione del gusto.

La monumentalità, pur nella sobrietà delle decorazioni, che caratterizza la porta risponde dunque al gusto toscano e anche umbro del pieno Seicento che ha dato corpo ad arredi dalle forme lineari, dal bel disegno, di elegante e solida fattura, sempre contraddistinti, come in questo caso, da una garbata semplicità.

Ad una equilibrata solidità esaltante più che mai l'aspetto funzionale del mobile l'artigiano mostra di saper affiancare  una decorazione  che marca ogni elemento in una individuazione accurata  dei caratteri costitutivi.

Aderente dunque a quei principi di funzionalità ed essenzialità che la più antica tradizione toscana voleva garantiti, questa porta entra appieno nel patrimonio del mobile cosiddetto "rustico", di buon artigianato e qualità che, forse non estraneo al gusto dei suoi tempi, evita gli orpelli barocchi, la pesantezza decorativa e scultorea. All'intaglio ad alto rilievo delle sagome mistilinee che incorniciano motivi a foglia, rosetta, mandorla, e ornano i pannelli delle imposte lignee barocche, si preferisce ancora la modanatura  che privilegia, marcando la struttura con una decorazione a comparti geometrici, la generalità dei caratteri costitutivi dell'organismo.

Mentre in età barocca i pannelli geometrici di porte romane e piemontesi si arricchiscono di sagome e controsagome, di riccioli  e di volute che via via si fanno sempre più arditi e originali consone alle forme più fastose e retoriche che il nuovo orientamento artistico proponeva, l'opera di un artigiano di Anghiari, Bartolomeo Corsi  negli anni '40 del Seicento si distingue per un calibrato equilibrio tra funzione, linea e decorazione capace di esprimere comunque un gusto di raffinata semplicità.

Bisogna dire, per altro, che sui mobili che meno necessitano di particolare sontuosità  il repertorio decorativo, nell'ambito di una stessa regione,  spesso si ripete, anche se in questo caso il gusto di particolare sobrietà e il senso si equilibrata solidità che esalta la funzione ben si confà alla destinazione dell'arredo che introduce appunto nel refettorio di un convento francescano.

Porte come questa, infatti, sono ancora piuttosto diffuse e presenti anche nell'attuale mercato antiquario, basti pensare del resto che esemplari simili arredavano molto spesso le sagrestie di numerose chiese dell'Italia centrale.

Anche sotto il profilo costruttivo alcune caratteristiche confortano la datazione che il pezzo porta incisa e i rapporti di proporzione fra l'insieme e le sue parti sono precisissimi e rigorosi come la tecnica costruttiva secentesca richiedeva.

Ad accrescere il valore storico ed artistico che questa porta assume nel contesto di una cittadina come Anghiari, oltre alla datazione, 1642 e la sua provenienza da uno dei più importanti conventi francescani della zona, quello della Croce, contribuisce il fatto di aver potuto identificare, attraverso la ricerca documentaria, l'artefice che l'ha realizzata, appunto Bartolomeo d'Agnolo Corsi legnaiolo.

Fasi di lavoro

In occasione della rimozione della porta dalla sede della sua ultima collocazione (Via della Badia n°3) è stato immediatamente rilevato il suo pessimo stato di conservazione.
Estese zone su entrambe le ante presentano gravi lesioni provocate sia dagli agenti atmosferici sia dall'azione infestante di insetti xilofagi.

Le zone in patina si presentano fortemente ossidate con la tipica colorazione grigia del legno esposto alle intemperie per lungo tempo, anche se in alcune zone sono presenti campiture colorate, a dimostrazione di come la porta non sia stata sempre lasciata al colore naturale del legno.

Si notano anche molti interventi eseguiti in tempi diversi, come ad esempio la sostituzione di parte dei montanti laterali, il rifacimento di alcune cornici e la realizzazione di una serie di fori per le serrature. Nella parte inferiore di entrambe le ante, in corrispondenza della riquadratura più bassa, si nota una certa incongruenza del motivo architettonico che, unitamente ad un diverso stato di conservazione del pannello sottostante le cornici, porta ad avere giustificati dubbi circa l’originale configurazione di questa zona.

La prima fase dell’intervento è stata quella della pulitura delle superfici e del trattamento disinfestante contro l’azione di insetti xilofagi.
La fase successiva, di studio e di analisi dei singoli componenti della porta, ha visto la realizzazione di un accurato rilievo grafico e della relativa documentazione fotografica. Si è poi provveduto al disassemblaggio delle varie parti, sia perché non presentavano uno stato di coesione accettabile, sia per individuare un eventuale degrado delle zone non in vista, sia ancora per capire e codificare lo schema costruttivo della porta.

E’ in questa fase, cioè dallo studio della struttura e dei singoli elementi, che è stato possibile capire il reale stato conservativo dell’oggetto e quindi decidere il tipo di intervento da eseguire.

La struttura della porta può essere schematizzata in tre specifiche zone:

1) La parte posteriore in legno di abete, ovvero la struttura portante principale. Ogni singola anta è realizzata con due tavole di larghezza diversa incollate tra loro; si presenta gravemente danneggiata dall’azione dei tarli, e sono visibili parti riportate  in epoche successive, realizzate con materiali incongrui, sia per le essenze utilizzate, sia per il livello di finitura.

2) La parte intermedia (cartellatura) in legno di noce. E’ la zona che comprende le parti che si trovano tra la struttura in abete e le cornici esterne ed è composta da nove parti per ogni anta. Anche qui è evidente l’azione degli insetti e degli agenti atmosferici, soprattutto nelle zone maggiormente esposte. Lo stato di conservazione non è comunque omogeneo, con un progressivo deterioramento man mano che ci si avvicina alle parti inferiori. In prossimità della zona centrale sono visibili numerosi fori per le serrature e in particolare nell’anta sinistra, dove per l’accumularsi di nuove aperture, è andata perduta un’ampia porzione di legno.
E’ in questo strato della porta, esattamente nell’anta sinistra, che è stata trovata l’iscrizione della sua data di fabbricazione, dato questo che poi ci ha permesso di risalire all’artigiano esecutore.

Anche qui sono evidenti ripetuti interventi di restauro, con molte delle zone in vista completamente sostituite.

3) La parte esterna (scorniciature) in legno di noce. E’ la zona più esterna della porta e quella che ne determina maggiormente l’aspetto estetico e decorativo.
Sicuramente questa è la parte che ha subito maggiormente gli effetti dell’usura e degli agenti atmosferici. Si nota che molte delle cornici sono state già sostituite, talvolta utilizzando profili non perfettamente identici all’originale; e altre ancora invece sono deteriorate al punto da non renderne possibile una corretta lettura.

A questo punto, una volta analizzata in ogni dettaglio e appurato il pessimo stato conservativo generale, è stato necessario porsi il problema di come interpretare l’intervento da eseguire.
 

Da un lato l’opzione della conservazione dello “status”, cioè il consolidamento con opportuni prodotti delle parti friabili, il fissaggio delle parti instabili e la protezione preventiva dagli attacchi degli insetti. Un’operazione che possa bloccare l’azione deteriorante del tempo sul manufatto e che ne consenta unicamente una collocazione museale.

Dall’altra l’opzione, per certi versi più stimolante dal punto di vista dell’artigiano restauratore, del suo totale recupero. Ridare cioè all’oggetto la sua piena funzionalità sia dal punto di vista strutturale sia da quello estetico, mediante il ripristino delle parti mancanti, la sostituzione delle parti irrecuperabili e una finitura superficiale che ne riporti l’aspetto finale il più possibile vicino a quello originale.

Dopo esserci consultati con il corpo docenti e con i rappresentanti della Soprintendenza, vista anche l’originaria destinazione d’uso dell’oggetto, abbiamo ritenuto opportuno seguire la seconda opzione.
Nell’ambito di questa scelta operativa, il corso si è voluto soffermare a considerare i vari tipi di intervento possibile, facendo notare l’importanza di procedere ad un restauro che, pur prevedendo cospicue reintegrazioni e sostituzioni eseguite anche con metodi comuni dell’opera quotidiana degli artigiani restauratori, riesca a far convivere la rigorosità indicata dalle Soprintendenze con la realtà quotidiana del mercato.

 
 
Con questo non si vuole giustificare a priori ogni intervento eseguito per il recupero del manufatto, soprattutto per quello che riguarda la visibilità di alcune parti ricostruite, ma evidenziare il fatto di come sia possibile riuscire ad ottenere un restauro che consenta di rileggere, per quanto possibile, lo stato originario dell’oggetto, ridandogli nel contempo la sua originale funzione d’uso.

Molte sono state le incertezze che durante il restauro si sono manifestate, sia per le parti da conservare o da sostituire, sia sui metodi e sulle tecniche adottabili per la loro realizzazione.

Per le cornici deteriorate o mancanti abbiamo ad esempio scelto la linea della reintegrazione, in quanto quelle esistenti potevano essere riprese come  modello per quelle nuove, senza incorrere in erronee interpretazioni.

La discussione più accesa si è verificata nella scelta e nella realizzazione dei pomoli, adesso completamente mancanti ma certamente presenti nell’originale, in quanto non avevamo una precisa documentazione di riferimento per quello che riguarda questa porta. La linea che abbiamo tenuto per il restauro è stata quella di ricostruire i pomoli, documentandoci su vari esempi di pomello tipico della fine del XVI° secolo, al fine di ridare completezza all’aspetto finale.

A documentazione di tutti gli interventi eseguiti abbiamo evidenziato le parti reintegrate con disegni e fotografie, in modo da lasciare la possibilità di capire ogni intervento eseguito.