CENNI SULLA TARSIA DEL QUATTROCENTO E RINASCIMENTALE


 

MASTRO SANTI DEL SERE

BOTTEGA SCUOLA RICONOSCIUTA DALLA REGIONE TOSCANA

 

Il termine "tarsia" deriva dall'arabo "tarsi" (decorazione preziosa o incrostazione) e fu dato ai primi lavori certosini in cui i motivi ornamentali traevano ispirazione dagli intarsi marmorei mussulmani. Questa definizione deriva dai monaci certosini dell'ordine di San Bruno che trassero questo stile dal "Mudejar" spagnolo, a sua volta derivante da stilemi arabi. L'uso della tecnica , certosina o a toppo, si sviluppò soprattutto in Veneto e Lombardia grazie anche ai numerosi contatti commerciali che la Serenissima aveva con il Medio Oriente.

 

Il Quattrocento fu il periodo di massimo splendore per la tarsia, dovuto, grazie agli studi e alle ricerche sulla prospettiva fatti da grandi artisti, architetti e matematici dell'epoca come Brunelleshi, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Leon Battista Alberti, convalidati dagli studi matematici di Luca Pacioli, nel trattato "De Divina Proportione". La tecnica più usata fra il 1440 e 1540 è l'intarsio pittorico, che consisteva nel prendere la sagoma del cartone o progetto e nel riportarla nei vari tipi di listre di legno, di diverso colore o tinte per le precedenti immersioni in soluzioni colorate. Con l’evoluzione delle tecniche di tintura e dell’ombreggiatura, gli intarsiatori, dettero vita a motivi naturalistici e a complesse scene figurate che permisero di ottenere degli effetti analoghi (anche se limitati) alla pittura. La più alta espressione di questa tecnica è la tarsia pittorica-prospettica che riproduce complesse vedute architettoniche strettamente legate con i contemporanei studi di prospettiva lineare. La produzione di tarsia fra la prima metà del quattrocento e i primi del cinquecento è segnata dall'esigenza di un nuovo ordine geometrico e compositivo ispirato, come abbiamo già detto, ai grandi architetti del tempo. Qui forse insiste il maggior fascino della produzione intarsiata a soggetto urbano o architettonico nel trasfigurare la città reale in forma ideale, come nell'anonima tavola dipinta della città ideale a Urbino. L'epicentro della produzione intarsiata fu Firenze; infatti dalle informazioni fornite da Benedetto Dei, intorno al 1470 vi erano 84 botteghe di legnaiolo di tarsia e intagliatori, tutte in via Tornabuoni e in via Larga dei legnaioli. Gli esponenti maggiori di questa arte furono Giuliano e Benedetto da Majano,autori degli armadi della sagrestia Nuova di S. Maria del Fiore; Baccio Pontelli che realizzò il celebre studiolo di Federigo da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino, eseguito i su disegni di Francesco di Giorgio Martini e del Botticelli; i Bencivenni, che intarsiarono gli stalli del coro di Todi e i pannelli del Collegio Del Cambio a Perugia; I fratelli Canozzi da Lendinara, che come abbiamo già detto operarono tra Emilia e Veneto; i senesi Ammannati e Antonio Barili; il veneto Fra Giovanni da Verona, che intarsiò il coro di Monte Oliveto Maggiore .Il declino di quest'arte giunse verso la metà del Cinquecento: i motivi sono da legare al venire meno degli interessi della prospettiva lineare e a una nuova concezione dell'interpretazione di questa tecnica la quale voleva avvicinarsi sempre più ad una maniera e verosimiglianza pittorica, cosa che invece la portò ad una banale produzione di opere di mero virtuosismo.

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