Mi ricordo la sua (e la mia) giornata tipo: lui si alzava la mattina alle sette, io alle otto per essere lì mezzora dopo, e appena arrivato prendevo sempre del fannullone. Incominciavo a fare qualcosa sempre attento a non farmi troppo vedere, perché lui controllava qualunque movimento stando bene attento a misurare i prodotti per il restauro senza sprechi eccessivi, altrimenti erano brontoli.
Si andava avanti fino alle nove e mezza. A quell'ora mio zio andava a casa a fare colazione per una mezz'oretta, ed io rimanevo solo in bottega potendo lavorare almeno più tranquillamente, senza troppi sguardi di controllo. A mezzo dì o poco più pausa pranzo; si ricominciava alle due e mezza.
Nel pomeriggio era prevista un'altra piccola sosta di una mezz'oretta: si andava a prendere la spuma, che era un tipo di bitter analcolico di colore rosso o bianco frizzante.
Sicuramente, quando era più giovane, mio zio al posto della spuma beveva il vino, ma viste le sue condizioni di fegato “tormentato” gli toccò ripiegare in questo liquido che rassomigliava per colore al vecchio nettare degli dei ma ahimè di sapore insignificante.
Questo era lo scandire del tempo di tutti i santissimi giorni nella bottega, come si fosse in un convento.
Comunque le storie me ne ha raccontate molte: si parlava degli artigiani di Anghiari, chi era bravo, chi meno, ma non aveva mai avuto problemi con nessuno.Mi raccontava del Borghesi che era un bravo intarsiatore. Il motivo delle sue capacità in questa tecnica derivavano per i suoi studi di autodidatta sulle materie artistiche, in confronto alla materia dove si era diplomato la ragioneria. Il Borghesi insieme ad Ernesto suo cognato erano in società, uno lavorava di fino e l'altro in modo grossolano, quindi uno faceva la cassa del mobile e uno la intarsiava.
E poi di “Cannone” che era un bravo intagliatore, un “fenomeno”, a detta di mio zio, e dalla sua bottega era uscito il Dragonetti che era sicuramente il più capace restauratore del paese.Usciva qualche malignità bonaria come su quelli poco dotati che erano finiti a fare l'insegnante a scuola oppure degli artigiani un po' scansafatiche come Loris che aveva poca voglia di lavorare.
Mi parlava di un certo Frini che aveva la segheria, se non mi ricordo male, situata dove c'è adesso un albergo in piazza dei polli di fronte al Teatro, dove erano passati molti apprendisti artigiani dell'epoca di Gnaso.
Mi parlava del rapporto di stima con il suo “datore” di lavoro Milton Poggini, antiquario e precedentemente artigiano premiato a Parigi per aver costruito un bel violino, delle novità tecniche che riportava dalla Francia durante le sue escursioni, penso che fossero novità commerciali sui prodotti ed anche sui segreti inerenti al restauro dei mobili.
Comunque tra un racconto e l'altro, quante cose ho imparato! Dalla lucidatura all'invecchiamento del mobile e a tante altre cose, anche il riuscire a non sprecare materiali e la modestia per potersi mettere sempre in discussione con il prossimo, che solamente la bottega di un vero artigiano ti poteva insegnare. Per onestà devo dire che l'esperienza di bottega da Gnaso mi è servita e mi serve ancora.